Pesantuccio ma non brutto, ma neanche bello. Passabile.
La cosa più difficile da capire è l’esercizio di stile della prima parte, in cui il regista fa ampio sfoggio di flashback e di scene riproposte da altra angolazione, senza averne necessità, visto che la vicenda non è così articolata o complessa. La seconda parte, pur con qualche flashback, è invece “normale”. O il regista si è “pentito” in corsa o qualcuno deve avergli fatto notare che non c’era bisogno di “ricamare”. Boh.
Storie professionali e personali di tre poliziotti, alle prese con problemi famigliari, amori clandestini e un detenuto da scortare, che potrebbe metterli in crisi.
Il film ha una sua dignità, ma non decolla mai sul serio. Forse per i motivi tecnici di cui sopra, forse per una certa lentezza nell’episodio col detenuto.
C’è anche da dire che non si può sentire chiamare Aristide quell’armadio a muro prestato alla recitazione (con successo) che è Omar Sy. Non si poteva lasciarlo in francese il nome?
Police (anche conosciuto come Night shift, 2020) – di Anne Fontaine