Il film, nonostante la durata superiore a una partita di calcio, si guarda. Ma non è facile capire il perché. Forse l’ambientazione (siamo all’epoca della caccia alle streghe), forse le ben fatte apparizioni del maligno, forse la speranza di vedere sempre nuove ed efferate torture. Chissà.
Di certo non sono le performance attoriali a tenere incollati allo schermo: meglio sorvolare su castellano e inquisitore. E che dire della protagonista, ingiustamente accusata di stregoneria, sempre truccata e pettinata? Dopo quattro giorni di sevizie (a proposito, le ferite non guariscono un po’ troppo rapidamente?) e privazione del sonno, si riscopre Wonder Woman e si prende la sua vendetta. Va bene, facciamo finta che il motivo dei superpoteri – cui il regista ammicca – ci sia, ma il trucco e la pettinatura no, dai.
Insomma, The reckoning aveva tutto per essere massacrato. Ma rimanendo in tema di confessioni estorte, onestà intellettuale vuole si dica che siamo rimasti lì a guardarlo, dall’inizio alla fine.
The reckoning (2020) – di Neil Marshall