Pur avendo due anni in meno di Psycho ne dimostra il doppio. Intendiamoci, “Baby Jane”, classe 1962, il suo fascino lo conserva, non solo per il sempre salvifico bianco e nero. Ma è un film che oggi, più che paura, ispira tenerezza, vuoi per la violenza mai inquadrata dalla telecamera, i primissimi piani o la recitazione ipercaricata di Bette Davis, truccata come Joker.
La sostanza c’è, comunque. Paura no, ma la storia delle due sorelle amiche-nemiche, a causa dei successi prima dell’una poi dell’altra, è ancora in grado di creare tensione.
Alcune cosette tuttavia andrebbero chiarite, lasciando da parte il discorso legato all’età. Ad esempio: possibile la sorella inferma sia stata sistemata al piano di sopra, tagliata fuori dal mondo a causa delle scale che non può discendere? Si dirà che è stata la sorella sana a volere così, ok, ma possibile che il dottore che segue l’inferma mai nulla abbia avuto da ridire? Ancora: possibile l’inferma pur avendo a portata di voce la vicina ficcanaso, non riesca una volta che sia una a farsi sentire per chiedere aiuto? E che dire del maestro di musica, che si presenta a casa dopo aver letto un annuncio dove però compare il numero di telefono ma non l’indirizzo? Miracolo!
Che fine ha fatto Baby Jane? (What Ever Happened to Baby Jane?, 1962) – di Robert Aldrich