Una soluzione bisogna pur trovarla. Passi per non voler durare meno di una partita di calcio, ma lo spettatore dovrebbe essere avvisato se sta per guardare un prequel o un sequel, deve avere il diritto di saperlo. Al limite, di fianco al titolo, si potrebbe aggiungere a parentesi, a seconda dei casi, una (P) (prequel) oppure una (S) (sequel).
Prendiamo questo “Army of thieves” (i titoli non si traducono più? Ufficiale?); l’abbiamo visto a “scatola chiusa”, nella completa ignoranza, ignari del fatto che si tratti del prequel di un altro film, mai sentito nominare. Infatti continuavamo a chiederci: perché i riferimenti a un’epidemia zombie negli Stati Uniti, visto che la vicenda si svolge in Europa? Per non parlare del finale aperto con la comparsa a sorpresa di Batista, unico volto noto in un cast di sconosciuti.
Premesso tutto ciò, tentiamo comunque di dare un giudizio, senza zombie e senza Batista. Ciò che risulta difficile da digerire è il comportamento della polizia. Li arrestano? Non li arrestano? Se sanno chi sono perché non li vanno a prendere? Possibile nemmeno le loro case siano sorvegliate?
La trama: nerd esperto di casseforti viene ingaggiato da una banda di ladri per alcune missioni impossibili.
Azzeccatissimo il nerd, che a quanto pare è anche il regista; impresentabile il belloccio della banda, emulo malriuscito di Hugh Jackman.
Army of thieves (2021) – di Matthias Schweighöfer