Il suo indubbio fascino ce l’ha, tecnicamente è da applausi, ma è uno di quei film che non riguarderemmo per nessun motivo al mondo. E il motivo è presto detto: la durata. Due ore e un quarto non è una durata, ma una condanna ai lavori forzati.
Detective si innamora di una donna sulla quale indaga, sospettata di aver ucciso il marito.
Bravi gli attori (e lo diciamo noi che non siamo certo fan degli attori asiatici), bella l’idea di inserire qua e là qualche gag comica fuori contesto, bravissimo il regista, per inquadrature e soluzioni non banali.
Detto tutto ciò, se il film finisse dopo un’ora e un quarto, quando scopre le carte (è stata lei o non è stata lei a uccidere il marito?) sarebbe meglio per tutti.
PS: titolisti italiani in ferie? Per quale motivo dovremmo conoscere il significato della parola “leave”?
Decision to leave (2022) – di Park-Chan Wook