Impresentabile.
Un marito e padre di famiglia viene improvvisamente accusato di essere in realtà un assassino, scomparso nel nulla dopo aver sterminato la famiglia.
Al di là del tocco di fantascienza (lui è brutto è pelato, non facoltoso, la moglie giovane e bella) e di quel piccolo particolare legato all’assenza dei cadaveri (non potrebbero essere tutti emigrati dall’altra parte del globo, presunto assassino e famiglia?) la storia è potenzialmente avvincente, non fosse che esteticamente siamo in zona telefilm (idem attori e regia) e che il film non riesce a instillare il minimo dubbio. Anche perché, al giorno d’oggi, in epoca social, com’è possibile crearsi un’identità fasulla? Le foto da piccolo? Bruciate. Parenti? Mai avuti. Qualche vecchio amico che ti riconosca nel paese natale? Sono passati anni e nessuno si ricorda di me. Sì, vabbé…
Tocco di genio poi nascondere le foto della vecchia famiglia nella capanna di giochi del figlio. Che infatti trova le foto della vecchia famiglia mentre gioca.
Un genio del male.
Un marito sospetto (La part du soupcon, 2019) – di Christophe Lamotte