No, caspita, il finale sbrigativo no. Va benissimo sottrarre i particolari alla vista dello spettatore, ma che fretta c’era, visto che col tempo avevi già sforato? D’accordo, il messaggio arriva ugualmente, ma è film, cinema, finzione, dammelo questo pugno nello stomaco, fammi vedere qualche preparativo. Non puoi cambiare ritmo proprio sui titoli di coda. Che il film si ispiri a un fatto di cronaca (abbiamo appreso post visione su internet) non cambia di una virgola il discorso, non è un documentario.
Per il resto bel film, forse addirittura bellissimo.
Intendiamoci: mai lo riguarderemmo per alcuna ragione al mondo (troppo lungo, ben oltre le due ore), ma è tutto al posto giusto: il cast, i colori, la fotografia, un impianto narrativo un po’ lento ma essenziale, l’attesa del primo bacio, le partite del Mundial ’82 a fare da sottofondo. Nulla da ridire.
C’è del tenero, forse, fra due amici maschi (si può scrivere “maschi” nell’era del politicamente corretto o è discriminante?); il problema è che siamo nella Sicilia di inizio anni ’80, e in più uno dei due ragazzini deve fare i conti con i bulli del paese.
Come al solito l’abbiamo visto conoscendo il meno possibile, nel caso specifico né l’argomento né la trama. Da non escludere che, conoscendo il finale prima della visione, il film possa non apparire così bello.
Stranizza d’amuri (2023) – di Giuseppe Fiorello