“Prey” si può guardare, per andare dritti al punto; gli smembramenti non mancano e la durata non supera – opportunamente – quella di una partita di calcio.
Qualche domandina sul mostro alieno però viene spontaneo farsela: perché a volte si rende invisibile e a volte no? Possibile abbia un puntatore laser ma spari solo dei dardi? Possibile abbia delle bombe telecomandate e nemmeno un’arma a scoppio? Possibile collezioni solo la prima testa (con spina dorsale annessa) poi se ne strafreghi di questo apprezzabile marchio di fabbrica? Qualcosa non quadra.
Prey (2022) – di Dan Trachtenberg