Non aiutano la durata smodata (110 minuti e passa) e un cast non particolarmente bellino e bravino (inspiegabile la candidatura all’oscar per Glenn Close, truccata da vecchissima).
Sintetizzando al massimo: il figlio, che studia legge e riga dritto da sempre, è costretto a occuparsi della madre tossica. Poi ci sono anche la sorella, che a un certo punto mette su famiglia, la supervecchia, eccetera eccetera, caduta e risalita, perdono e riscatto e salvezza e “scegliamo ogni giorno chi vogliamo diventare”, eccetera eccetera eccetera. A quanto pare trattasi della biografia romanzata di JD Vance, il nuovo vice di Donald Trump (eh beh, in effetti chissene…).
Per carità, il film non è fatto male, ma è una discreta pizza, forse avrebbe giovato un protagonista un pochino più carismatico, ma in ogni caso mai lo riguarderemmo o ne consiglieremmo la visione.
Indubbio invece l’apporto didattico: il titolo ci ha spinto a verificare il significato della parola “elegia” sul vocabolario, anche se l’abbiamo già dimenticato.
Elegia americana (Hillbilly elegy, 2020) – di Ron Howard
PS: questo post lo trovate anche su https://lxbartoli.wordpress.com/, dove “emigrerò definitivamente a partire dal 1 ottobre.