In biblioteca, volendo

Collage copertineDa oggi sono disponibili per il prestito alla biblioteca Panizzi di Reggio Emilia – che ringrazio pubblicamente – i miei 6 “libri” (virgolette doverose, credo “scritti” sia più appropriato), sin qui pubblicati. A dire il vero sono 8, contando due prime edizioni, che però sconsiglio caldamente.

Per non complicarla troppo, nel catalogo Panizzi trovate: La Signora D (prima e seconda edizione/versione), De Amore (prima e seconda edizione/versione), Sconsigli per la visione, Sole cuore rancore, A (s)proposito di cinema, Giornalai santi subito.

E’ tutto qui, a questo link: https://opac.provincia.re.it/opac/query/alex%20bartoli?context=catalogo

Bene, detto ciò, in maniera assolutamente disinteressata, ricordo che esiste anche l’opzione acquisto. Ma proprio così, eh, per dire: La Signora D e De Amore si trovano su Amazon, Sconsigli per la visione temo da nessuna parte (ma conto di provvedere a breve con una ristampa), Sole cuore rancore, A (s)proposito di cinema e Giornalai santi subito su Ebay.

Fermo restando che, tra prestito e acquisto, esiste pure la terza opzione: chissenefrega dell’una e dell’altra. Fondamentalmente condivido la terza opzione.

Film a caso in pillole: Licorice pizza

locandinapg1Inspiegabilmente candidato a tre premi Oscar (film, regia e sceneggiatura), una volta tanto giustamente non vinti.

Storiella di amore giovanil-adolescenziale negli anni ’70, fra assenze misteriose dei genitori, apparizioni inattese di star (Sean Penn e Bradley Cooper, divertenti) e situazione quantomeno singolare del protagonista 15enne, che non si capisce se vada a scuola, faccia l’attore o l’imprenditore (a 15 anni, negli anni ’70, ribadiamo). Brava e carina la coprotagonista.

Film tutto sommato affrontabile proprio per le sue stranezze e lo sguardo patinato e sognante del regista, nonostante una durata immotivata (oltre due ore). Ma da qui ad essere ritenuto materiale da Oscar oppure gridare al capolavoro (vedi locandina) ce ne passa. Non scherziamo.

Licorice Pizza (2021) – di Paul Thomas Anderson

Film a caso in pillole: Un’intima convinzione

locandinaSembra carino, gli attori sono bravi (anche il marito, che in pratica non parla mai ma ha la faccia giusta, da serial killer) e l’incipit è avvincente: moglie scompare nel nulla, il marito viene accusato di omicidio, una donna si prende talmente a cuore il caso da diventare parte attiva nella difesa.

Il “sembra carino” è legato al fatto che non è semplicissimo seguire tutte le dinamiche della difesa, tra intercettazioni e controaccuse. Però è ben fatto e si lascia guardare.

Quindi magari se vi va di vederlo e di prendere due appunti, poi magari ci fate sapere se è un po’ troppo complicato o se non siamo stati particolarmente attenti, cosa peraltro possibile, vista la durata superiore a una partita di calcio, recupero annesso.

Un’intima convinzione (Une intime conviction, 2019) – di Antoine Raimbault

Film a caso in pillole: Memory of the dead

MV5BNTU3NzEwMDQyMl5BMl5BanBnXkFtZTgwNzEwNTUyMTE@._V1_Fosse una pagella l’indecisione sarebbe fra un 2 e un 3, ma non 0, grazie all’idea di base, alla fotografia satura, ad alcune inquadrature-omaggio a La Casa di Saim Raimi, e a qualche bella schifezza sanguinolenta.

Ma questa di fatto è una pagella, quindi dobbiamo motivarlo il 2 (o 3, non riusciamo a deciderci). Lo spunto per un horror è davvero buono: vedova inconsolabile raduna gli amici del marito defunto, con una strana idea in testa.

Note positive terminate, la sceneggiatura sbanda, continuando ad aggiungere “rivelazioni” sui rapporti amicali (in pratica è un raduno di gay, puttanieri e traditori) e non preoccupandosi di spiegare le regole del male che affiora.

Ma più di tutti a lasciare di stucco è il cast: mai visti attori così brutti e scarsi tutti assieme. Solo colpa del budget?

Eppure, nonostante tutto ciò, il film è talmente bizzarro da conservare il suo fascino. O forse no. Forse è solo il pensiero di cosa avrebbe potuto essere in mano ad altri sceneggiatori e attori.

Memory of the Dead (La memoria del muerto, 2011) – Valentín Javier Diment