Film a caso in pillole: C’est la vie – Prendila come viene

CatturaBene, perbacco. Nulla di memorabile, ma comunque quasi due ore piacevoli, col piede sull’acceleratore, grazie a una sceneggiatura brillante e piena di situazioni divertenti. Tutto ruota attorno a uno staff impegnato nell’allestimento di un matrimonio in una mega villa. Problemi personali e imprevisti professionali si mischiano e fanno danni.

Una domanda però viene lecito porsela: la bruttezza media di un cast non particolarmente dotato anche dal punto di vista artistico, è voluta oppure casuale? Non era il caso di puntare su qualche attore un po’ più bravino o carismatico? Senza nulla togliere, sia messo a verbale, a una commedia che sta in piedi lo stesso.

Allucinante la versione italiana del titolo, che mischia francese e italiano (C’est la vie – Prendila come viene), con due massime che nulla hanno a che vedere col titolo originale (Le sens de la fête, Il senso della festa).

C’est la vie – Prendila come viene (Le sens de la fête, 2017) – di Eric Toledano, Olivier Nakache

Film a caso in pillole: Magic Mike’s last dance

MV5BMTg4ZWZhODQtNWVhNC00NjA1LWJhZjgtZTFkY2JmNWJlYzU0XkEyXkFqcGdeQXVyMTUzMTg2ODkz._V1_Inguardabile.

Una donna ricca ingaggia un ex stripper per allestire un innovativo spettacolo teatrale. Non bastasse una trama pretestuosa del genere, come volete che finisca tra l’ex stripper e la ricca?

In teoria il bello del film dovrebbero essere i balletti maschili piccanti. Saremo profani in materia, ma a noi appaiono solo una gran cafonata.

Unica cosa davvero apprezzabile, con occhio maschile, l’incipiente calvizie di Channing Tatum, al momento non corretta.

Magic Mike’s last dance (2023) – di Steven Soderbergh

Film a caso in pillole: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto

61DUc2yf3qL._SY445_Bello. Molto bello. Aiutato a piacere dall’incredibile mancanza di qualsivoglia premio (se non un David di Donatello per la colonna sonora) e da un politicamente scorretto che oggi impedirebbe addirittura di girarlo un film del genere, con un uomo che mena una donna e la chiama ripetutamente “bottana industriale”.

Giancarlo Giannini (bravissimo ma con riserva) e Mariangela Melato (bravissima e bellissima e basta), lontani anni luce per cultura ed estrazione sociale, si ritrovano naufraghi su un’isola deserta.

La scena in cui lei gli chiede una prestazione sessuale particolare (lui non capisce il termine “tecnico”) è da antologia. Ma il film è molto altro, commedia più che dramma, con un interessante sviluppo psicologico della situazione sull’isola.

Potremo chiuderla qui e forse sarebbe giusto. Ma è più forte due noi, almeno due cosette dobbiamo farle notare. Giannini carica troppo la parlata siciliana, sfiorando la caricatura; poi vabbé, è talmente bravo che puoi far finta di niente. Si fa un po’ più fatica invece a far finta di niente sui due sperduti nel Mediterraneo. Un’isola deserta fuori dalle mappe nel Mediterraneo? Dopo essersi allontanati da uno yacht con un gommone? Come fai a non ritrovarli nel giro di 24 ore con un elicottero? Quelli dello yacht tra l’altro problemi di soldi non ne hanno…

Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto (1974) – di Lina Wertmüller

Film a caso in pillole: The strays

the-strays-film-poster-2023Forse più strano che bello, ma se lo scopo di una storia è farsi seguire e farti venir voglia di vedere come va a finire, allora per “The strays” si può parlare di missione compiuta.

E’ uno di quei film in cui i personaggi a volte dicono o fanno cose poco chiare, in cui il regista si prende licenze (ad esempio di alzare la musica della colonna sonora), ma i giochini non durano molto (durata complessiva uguale a quella di una partita di calcio) e non fanno in tempo a stancare. In più il meccanismo di ri-raccontare la vicenda da diversi punti di vista non sarà nuovissimo, ma funziona.

Due giovani piombano nella vita di una famiglia agiata. Chi sono? Cosa vogliono?

The strays (2023) – di Nathaniel Martello-White

Film a caso in pillole: Die Hart

CatturaPeccato per la parolaccia facile del protagonista e qualche gag pecoreccia e/o bambina, perché per il resto questa commedia ha due pregi non indifferenti: una buona idea con cui giocare e una durata contenuta, inferiore a quella di una partita di calcio.

Kevin Hart interpreta se stesso, ovvero un attore comico stanco di esserlo, che si affida alle cure di un coach (John Travolta) specializzato nella preparazione di top star per i film d’azione. Il gioco sta proprio nel meta-film, Hart che interpreta se stesso e cita attori reali, uno dei quali ad esempio si palesa (Josh Hartnett).

Travolta in grande spolvero; si diverte a interpretare un fuori di testa e si vede.

Die Hart (2023) – di Eric Appel

Film a caso in pillole: Il delinquente del rock and roll

Jailhouse_Rock_(1957_poster_-_one-sheet)Inguardabile, ma con stima e affetto per un’icona (della musica) come Elvis e per un modo di recitare impostato e datato, che ispira tenerezza.

Elvis interpreta un bulletto che dopo la galera si reinventa cantante di successo. Il film è il corrispettivo di un musicarello italiano, quindi ogni tanto ci scappa la cantata, una su tutte la straconosciuta Jailhouse Rock (con tanto di balletto coreografato), che poi sarebbe anche il titolo del film, se solo in Italia i titolisti non avessero deciso di stravolgerlo ne “Il delinquente del rock and roll”.

Toni di voce, sguardi e posture sono sopra le righe, i caratteri dei personaggi sono dei cliché senza sfumature. Insomma, è altro cinema, superato. Elvis si impegna a fare il teppistello arrogante, la bellezza e la presenza scenica non gli mancano di certo, il bianco e nero come sempre aiuta, ma la faccia da bravo ragazzo gli gioca contro.

Il delinquente del rock and roll (Jailhouse rock, 1957) – di Richard Thorpe

Film a caso in pillole: Non ci resta che vincere

locandinaSi potrà mai parlare male di un film che racconta le gesta di una squadra di basket di disabili mentali? Beh, sì, almeno un po’ è giusto dirne male, se il film in questione è troppo lungo e qualitativamente è quel che è.

Ottima la prima parte, col contrasto fra l’allenatore professionista e professionale – suo malgrado costretto a occuparsi di una squadra di disabili – e i ragazzi, che con le loro domande e i loro gesti rituali sarebbero in grado di far sbarellare anche un santo. Poi però il film aggiunge la non necessaria storia d’amore dell’allenatore (chissenefrega), perde ritmo con qualche situazione personale degli atleti e si congeda con una interminabile partita finale che, oltre a essere troppo lunga, smaschera ufficialmente i problemi di un’atmosfera registica da film fatto in casa, che a dire il vero si respira fin dall’inizio e che riesce sì a far sorridere senza essere superficiale, ma non a far scendere una lacrimuccia. Cosa che invece, immaginiamo, sarebbe nelle intenzioni.

Splendida l’esultanza finale dei ragazzi. Ma su una scena si fa fatica a passare sopra: i ragazzi sono su un mezzo pubblico, galvanizzati da una vittoria fanno casino. Gli altri passeggeri li apostrofano pesantemente, invocano mezzi speciali per disabili, il conducente arriva addirittura a fermare il mezzo e a dargli dei “mongoloidi” in faccia. Ok, la scena è fatta per indignare, ma non scherziamo, non esageriamo; per una roba del genere te la prendi coi ragazzi e li offendi pure pubblicamente?

Inaccettabile il titolo italiano (Non ci resta che vincere), che oltre a non c’entrare nulla con l’oiriginale (Campeones) travisa pure il messaggio finale.

Non ci resta che vincere (Campeones, 2018) – di Javier Fesser

 

 

Film a caso in pillole: Tulsa King (Serie Tv – 9 puntate)

imagesPremesso che l’operazione è moralmente censurabile (il protagonista è un mafioso dipinto come un tipo “giusto” e simpatico), “Tulsa King” si lascia guardare alla grandissima. Per quanto appena detto (moralmente censurabile) meglio le prime puntate, in cui l’ironia e i duetti tra Sylvester Stallone e il suo austista la fanno da padrone, che non la seconda parte della serie, in cui l’ironia scompare e si va sui binari classici dei film di genere.

Ma di fatto è uno “Stallone Show” dalla prima all’ultima puntata; tutto gira attorno a lui e al suo personaggio, un mafioso mandato in esilio dalla “famiglia” dopo 25 anni di carcere, che anziché godersi la pensione si rimette a fare il suo “lavoro”.

E Stallone, pur non essendo mai stato un grande attore, la scena la regge alla grande, col suo faccione malinconico, nonostante i chili di troppo e una innaturale capigliatura da 15enne.

Diverse cose ci sarebbero da ridire su quanto raccontato (il fattaccio che gli costa 25 anni di carcere vorrebbe essere una roba seria ma è ridicolo) o sui caratteri di diversi personaggi, che cambiano nel giro di 5 minuti (la figlia di Stallone o il padre del suo autista, ad esempio), ma è giusto concentrarsi sulla sostanza, una volta tanto che sbattiamo su qualcosa di decente: funziona lo Stallone Show? Sì. Sono pesanti le 9 puntate da 40 minuti l’una (anche qualcosa non meno)? No.

 

Film a caso in pillole: Love

Love_(2015_film)Praticamente un film porno con la trama, sentimental-drammatica.

Pronti via e subito una scena di sesso esplicita, molto esplicita. Non sarà l’unica, non mancheranno primi piani su genitali ed eiaculazioni. Necessarie queste scene? No, non necessarie, ma non si può liquidare “Love” così; come tutti i film “estremi” merita comunque l’onore delle armi, fermo restando che non si capisce cosa aggiunga la copulata in bella evidenza a una storia di amore “malato”, che potrebbe reggersi tranquillamente sulle sue gambe. Realismo estremo? Pornografia del sentimento? Mah.

Al netto delle tante scene svestite, “Love” propone una storia interessante (riflessioni sulla vita di coppia e sperimentazioni sessuali incluse), una soluzione tecnica vincente ma sfruttata poco (far ascoltare i pensieri del protagonista), una lentezza a tratti esasperante (anche nel modo di recitare e di parlare) e un finale di una noia devastante. Ma qui siamo alle solite: il film dura più di due ore senza averne motivo.

Si potrebbe dire che, non passando di certo inosservato, quale che sia l’opinione, raggiunga il suo scopo. Ma come potresti passare inosservato mostrando una roba a tre, senza lasciare nulla all’immaginazione? E’ una giocata facile.

Love (2015) – di Gaspar Noè

Film a caso in pillole: Malediction – La maledizione di Arthur

locandinaImpresentabile.

Sedicente horror che si ricorda di essere un horror dopo 50 minuti di chiacchiere e convenevoli, un’attesa quasi accettabile se a quel punto la “macelleria” che segue fosse di buona fattura. Macché. Non bastasse, poco prima dei titoli di coda, arriva da un poliziotto una delirante spiegazione di quanto accaduto e perché. Imbarazzante.

La storia: 8 giovani, appassionati di non abbiamo capito quale saga, vanno a caccia di un set cinematografico abbandonato, ma ovviamente perfettamente conservato, con tanto di oggetti di scena, in attesa del loro arrivo.

Malediction – La maledizione di Arthur (Malediction, 2022) – di Barthélemy Grossmann

Film a caso in pillole: La notte del 12

maxresdefaultE questo film da dove spunta? Mai sentito nominare.

Aspettate, rifacciamo l’entrata: santo cielo, un bel film sconosciuto.

L’impostazione, per un giallo, è classica che più classica non si può (indagini su un omicidio), ma forse proprio per questo, per la giocata semplice, il film funziona alla grande. Va detto che oltre a essere ben fatto è pure furbino e punta sull’ “effetto Twin Peaks”, facendo emergere una certa allegria sessuale nella condotta della giovane vittima. Il che aggiunge ovviamente interesse morboso all’interesse per l’indagine.

C’è molto altro di buono, in realtà, ad esempio i problemi personali di un inquirente che rischiano di riflettersi sull’indagine.

Un solo neo, se vogliamo, ma parliamo pur sempre di neo e non di difetto: il film manca di un’atmosfera “internazionale” (ma il protagonista, il capo indagine con la sua malinconia, è bravissimo), ha quel non so che di fatto in casa che un minimo lo sminuisce. Ma proprio un minimo.

La notte del 12 (La nuit du 12, 2022) – di Dominik Moll

Film a caso in pillole: Till death

MV5BMDYxOTdkYTgtMDAzNC00ZWE4LWFmYmMtYjQwYWYxNGI2YjhmXkEyXkFqcGdeQXVyMTkxNjUyNQ@@._V1_Se riuscite a non farvi troppe domande e a mettere in pausa la logica, “Till death” è tranquillamente affrontabile, addirittura godibile, grazie anche e soprattutto a una durata contenuta.

Il marito cornuto (un attore improponibile) si ammanetta alla moglie fedifraga e si spara. Siamo in una casa sul lago, isolata, e prima di suicidarsi il marito ha provveduto a fare tutto il necessario per impedire alla moglie di liberarsi.

Meglio la prima parte, quella che abbiamo appena raccontato, che non la seconda, quando entrano in scena altri personaggi, ma vabbé, nel complesso c’è di peggio, molto peggio, in giro.

Till death (2021) – di Scott Dale

Film a caso in pillole: Dead bride

poster2Niente di nuovo, non sul fronte occidentale ma sul fronte horror, filone case infestate-presenze demoniache.

“Dead bride”, film non necessario e che non pecca certo di originalità, ha due pregi: per essere un B-Movie è tecnicamente più che dignitoso (eccezion fatta per il mostro che si vede un paio di volte, inguardabile) e, soprattutto, dura 81 minuti, anche se non vuole decidersi a finire. Diverse scene “de paura” non sono affatto male, sempre tenuto conto del basso budget, ma coi meriti è giusto fermarsi qui, perché gli attori sono scarsini forte, il doppiaggio non aiuta e, parlando della storia, è tutto già stravisto in mille varianti.

Dead bride (2022) – di Francesco Picone

Film a caso in pillole: Special delivery

maxresdefaultIl solo problema, comune al 99% dei film, è la mancata applicazione della legge morale che suggerisce di non superare in durata una partita di calcio, salvo comprovate necessità artistiche. “Special delivery” di comprovate necessità artistiche non ne ha nemmeno l’ombra, ma nell’ambito dell’intrattenimento puro non c’è molto da ridire, è guardabilissimo, tra inseguimenti auto, combattimenti corpo a corpo e sanguinamenti vari.

Giovane guidatrice su commissione per loschi affari si ritrova nei guai, con un bimbo a carico e un botto di soldi, inseguita da un gruppo di poliziotti corrotti.

Bravi e belli la giovane e il bimbo, che oltretutto ha il non indifferente merito di piangere “bene”, senza risultare irritante.

Special Delivery (2022) – di Dae-min Park

Film a caso in pillole: Io sono l’abisso

locandinaTroppo lungo e non chiarissimo in diversi passaggi, ma guardabile, non fosse che il protagonista, un serial killer, assomiglia a Checco Zalone. Non è una battuta. Possibile nessuno si sia posto il problema di Zalone protagonista di un giallo-thriller?

Vicenda affascinante: si instaura un rapporto amicale, o pseudo tale, tra un serial killer e una ragazza aspirante suicida (si scoprirà perché aspirante suicida, ed è la parte più interessante/morbosa della storia). Fin qui ci arriviamo, il macro filone riusciamo a capirlo persino noi. Il film è ben girato, ben interpretato (anche dal sosia di Zalone), giustamente cupo. Ma diversi passaggi non li abbiamo capiti. Ad esempio: perché il serial killer attacca la donna sulle sue tracce, senza ucciderla? Che fine fa la seconda vecchia adescata in discoteca? Possiamo immaginare, ma non se ne parla affatto. Possibile il serial killer torni a cercare una nuova vittima proprio in quella minuscola discoteca, tra l’altro conciato in quel modo, col rischio (più di un rischio) di essere collegato alle scomparse?

E attenzione: pur detto tutto ciò, il film si può guardare. Ma Zalone…

Io sono l’abisso (2022) – di Donato Carrisi

Film a caso in pillole: Bubba Ho-Tep – Il re è qui

locandinaTrash purissimo, voluto: inguardabile, ma con affetto.

Elvis Presley non è morto, vive in una casa di riposo. Assieme a un anziano di colore che si crede JFK, tra scarafaggioni, deambulatori, pappagalli e sedie a rotelle, affronterà una mummia e la sua maledizione.

Effetti speciali ridicoli, segno che il regista non è interessato all’aspetto horror ma a quello comico-grottesco. Ma quale che sia lo sguardo di lettura, il film è bruttarello. Non gli si può comunque voler male, anzi, vuoi per la presenza di Bruce “La casa” Campbell, vuoi per un delirio che merita rispetto per il coraggio.

Bubba Ho-Tep – Il re è qui (Bubba Ho-Tep, 2002) – di Don Coscarelli

Film a caso in pillole: Bones and all

locandinaMah. Storia vagamente d’amore e vagamente di vampiri (cannibali, per la precisione, non cannibali), col regista in realtà interessato a parlare di diversità, solitudine, senso di colpa eccetera eccetera, per due ore (tante, troppe).

Sia quel che sia – un horror d’autore o un film sentimentalematico – gli va riconosciuta un’ottima qualità tecnica e la capacità di non scivolare nel ridicolo (il rischio esiste), mentre qualcosa avremmo da ridire su due giovani protagonisti non particolarmente azzeccati (molto meglio il cannibale anziano Mark Rylance).

Ma la domanda da porsi è: questo film appassiona al punto di rimanere impreso nella mente o di volerlo riguardare? No.

Sufficienza piena, ma non molto di più. Più particolare che bello.

Bones and all (2022) – di Luca Guadagnino

Film a caso in pillole: Agent game

maxresdefaultImpresentabile, con uno sconcertante finale aperto che lascia intendere di un possibile seguito. Per carità.

Mel Gibson (che ci fa in un film del genere? Ha bisogno di soldi?) è lo specchietto per le allodole, ha solo poche scene; il film parla di agenti segreti che…boh, non abbiamo capito di preciso, ma come spesso succede in casi analoghi c’è qualcuno che cerca di incastrare qualcun altro e…e basta, non ci è mai venuta voglia di capire, non abbiamo mai avuto la minima sensazione di trovarci al cospetto di qualcosa di almeno vagamente interessante.

Se non altro dura meno di una partita di calcio.

Agent game (2022) – di Grant S. Johnson

Film a caso in pillole: Dylan Dog – Il film

locandinaInguardabile.

Premesso che l’operazione è incomprensibile (che senso ha tirare in ballo Dylan Dog per poi trasfigurarlo rispetto al fumetto?),andiamo oltre e giudichiamo il film horror puro e semplice: impresentabile. Effetti speciali al risparmio, del secolo scorso, make up simili alle maschere di carnevale, in più una storia senza capo né coda, tra vampiri, lupi mannari e zombi.

Dylan Dog, che non è in Inghilterra ma negli Stati Uniti, suona il clarinetto ma solo una volta, non costruisce il galeone, non dice quasi mai “giuda ballerino”, va poco a donne, è troppo giovane e, soprattutto non ha un assistente che si chiama Groucho, beh insomma Dylan Dog che poi è solo un tizio vestito come lui, indaga su un caso che capiscono solo gli sceneggiatori. La cosa migliore se vogliamo è l’assistente zombi, perlomeno vagamente divertente.

Dylan Dog – Il film (Dylan Dog: dead of night, 2011) – di Kevin Munroe