E non giovano alla causa una durata infinita (un’ora e tre quarti) e l’invincibile problema comune a tanti italici film (eh? Cosa hai detto? Puoi ripetere e scandire meglio le parole?), che non sai mai se sia un problema di audio, dizione o chissà quale altra diavoleria.
Ennesima variante di Rocky, di caduta e di riscatto, stavolta declinata al femminile e trasferita dal pugilato alle arti marziali miste, con la protagonista che si divide fra ottagono e lavoro allo zoo col fidanzato racchio (uno un più bellino non ‘cera?), che la vorrebbe tutta per sé; quindi vai a tutto spiano col linguaggio metaforico-allegorico-simbolico delle tigri in gabbia, le gabbie aperte e chiuse, la libertà eccetera eccetera.
Nulla di che le azioni di lotta, miglior attore uno che attore non è, l’ex pugile Patrizia Oliva.
Affascinante il doppio titolo inglese-italiano, con The Cage che anziché diventare La Gabbia diventa Nella Gabbia.
The Cage – Nella gabbia (2023) – di Massimiliano Zanin