Una supercazzola. Ma di classe, onesta, fiabesca e – dote rara in questi casi – umile, nel senso che non dispensa lezioni di etica e filosofia.
Due ore di non sapremmo dire cosa, con il pazzo sognante Roberto Benigni e il pazzo paranoico Paolo Villaggio – unici senza accento romagnolo in un mondo costellato di gente strana, ma tutta romagnola – che vagano, parlano e incontrano gente. Così, un po’ a caso (per noi) e un po’ no (per il regista, immaginiamo).
Ecco, se vogliamo l’unica cosa poco umile è la durata, due ore non necessarie.
In tema di stranezze da segnalare Patrizio Roversi e Vito doppiati (era necessario?), e una controfigura di Paolo Villaggio poco somigliante – anche se ripresa da lontano – per qualche passo di valzer.
“Se tutti facessimo silenzio, forse qualcosa riusciremmo a capire”; il film si chiude con queste parole di Benigni. In generale può essere, nello specifico dissentiamo. Anche facendo silenzio di questo film si capirebbe ben poco. Ammesso che qualcosa ci sia da capire.
La voce della luna (1990) – di Federico Fellini