Ed eccoci alle prese con un monumento come “Apocalypse now”, con la speranza di poterlo massacrare per fare i bastian contrari.
Missione fallita, la nostra. Purtroppo è un bel film. Sì, d’accordo, è di una lunghezza assassina (147 minuti) e non sempre è all’altezza di episodi come quello con Robert Duvall (strepitoso), che nel bel mezzo di un’incursione armata vuole a tutti i costi dedicarsi al surf, ma cosa vuoi dirgli a un film con una fotografia spettacolare, che oltretutto inizia con l’evocativa “The end” dei Doors? Niente puoi dirgli. Ti siedi e lo guardi. Oltretutto il fatto che non abbia vinto l’Oscar lo rende simpatico e aiuta a digerire quel vago sapore di supercazzola che accompagna l’entrata in scena di Marlon Brando.
La storia è quella di una missione segreta, nel corso della guerra in Vietnam: uccidere un colonnello dell’esercito statunitense che ha dato di matto ed è diventato un capo tribù.
A dire il vero un paio di cosine da dire ci sono. La prima: sarà la testa rasata, sarà la mascella pronunciata, sarà la penombra che lo avvolge, ma Brando sembra il duce. La seconda: siamo sicuri sia stata azzeccata la scelta di affidare il ruolo di protagonista a Martin Sheen? Quando si trova a tu per tu con Duvall, Brando, ma anche Dennis Hopper e pure qualcuno meno noto…lui tende a scivolare sullo sfondo.
Apocalypse now (1979) – di Francis Ford Coppola