A tratti sembra un bel film, ma non fatevi trarre in inganno: sì, è ben diretto e interpretato, ma più che bello è furbo. Un’attrice, un microfono e una casa gigante: stop, il thriller soprannaturale è tutto qui. Lei è la giornalista di un podcast che indaga su casi misteriosi, nel caso specifico un mattone nero che compare a sorpresa nella vita delle persone e porta strani pensieri.
Un mattone nero.
Mancava.
D’accordo, si scoprirà poi essere allegoria, ma… un mattone nero “maledetto”? Riuscite a rimanere seri e concentrati?
L’inizio è devastante, da film impegnato (tre minuti e mezzo con la voce fuori campo, lo schermo prima nero poi occupato dall’inquadratura ravvicinatissima di un microfono), la vicenda si rianima quando pure la protagonista scopre di avere il suo mattone nero, ma quel che succede dopo è un misto fra supercazzola e tentativo di affermarsi come thriller soprannaturale d’autore.
Monolith (2022) – di Matt Vesely