Guardabilissimo, grazie anche e soprattutto a una durata inebriante (80 minuti e tutti a casa). Può essere che più che di piacere della visione si tratti di scampato pericolo – il film ha tutto per essere di una pesantezza devastante (ambiente unico, pochi personaggi, solo dialoghi e zero azione) – ma poco importa, la sostanza non cambia: il prodotto è affrontabile.
Storia d’amore turbolenta tra un capriccioso regista e un giovane attore appena scoperto. Le scene isteriche (e ciò che viene detto) sono la parte migliore.
Bravissimo il protagonista (Denis Menochet, già visto da qualche parte), scarsino il giovane attore, “mitico” l’assistente del regista (Stefan Crepon chi?, con baffo alla Freddie Mercury), che non parla mai e al quale viene riservato l’onore di smontare il finale buonista.
Peter Von Kant (2022) – di François Ozon