Si potrà mai parlare male di un film di Paolo Sorrentino, che oltretutto attinge al suo personale vissuto e al dramma della prematura perdita dei genitori? Sì, certo che si può.
E si potrà mai parlare male di un film universalmente riconosciuto come un capolavoro dalla critica? Sì, certo che si può, anzi si deve, in nome della libertà di opinione.
“E’ stata la mano di Dio” – storia (diluita) di prematura crescita causa lutto – è un mattone. Non ci fosse di mezzo lo status di Sorrentino, non ci sarebbe nessun valido motivo per rimanere due ore davanti allo schermo. Prima parte noiosa, costruita solo in funzione della seconda, dove però a parte un paio di episodi (l’iniziazione sessuale e l’incontro col regista-mentore) prevale un senso di poco avvincente e di smarrimento, del tipo: è davvero un film di Sorrentino? Dove sono il suo sguardo alternativo e le sue trovate? E davvero il solitamente mai banale Sorrentino, in un film che si svolge a Napoli, piazza in chiusura la scontatissima “Napule è” di Pino Daniele?
La critica, quella seria, spiega e giustifica tutto, basta fare un giro su internet per rendersene conto. Il che però non sposta di un millimetro il nostro giudizio, dal basso della nostra ignoranza cinefila: “E’ stata la mano di Dio” fa venire sonno.
E’ stata la mano di Dio (2021) – di Paolo Sorrentino