Horror “artistico”, che abbandona il viale della stranezza per imboccare quello del delirio.
Sette minuti e mezzo per udire prima parola umana; che ci siano implicazioni metafisico-culturali (tipo la colonna sonora lirica nell’ultima parte) lo si capisce subito e all’inizio intriga, perché il film è comunque ben girato e interpretato, aiutato da personaggi e dialoghi bizzarri.
La trama è essenziale: giovane ragazza viene ingaggiata per fare da supporto alla padrona di casa, alle prese con un’importante cena. Sia la ragazza che i componenti della famiglia sembrano avere qualche problemino…
E’ chiaro che si arriverà a una mattanza. L’attesa rende affascinante silenzi, comportamenti e dialoghi “sfasati”. Il fastidio nasce da una resa dei conti confusionaria, un po’ onirica e un po’ no, a logica completamente assente.
L’abbiamo presa alla larga, complicandola: non sopportiamo gli horror che puntano ad altro e in alto, rovinando una buona qualità tecnica con un linguaggio che strizza l’occhio a chissà quali sottosignificati.
The feast (2021) – di Lee Haven Jones